Tuo Dio
«IO» è il signore tuo dio
ossia liberare la bestia Dentro di noi si annidano istinti arcaici, riflessi belluini e pulsioni primitive che formano il nostro “io” e alimentano il nostro attaccamento a esso. Chi sa riconoscere negli altri queste pulsioni «egoistiche» ha in mano le leve per controllarne la mente e il comportamento. Molto spesso per utilizzare queste leve bastano le parole.
L’amo sessuale
Alcune parole sono esche: catturano magneticamente la nostra attenzione. Esse ci inducono a soffermarci sul messaggio proposto, che spesso non ha molto a che fare con le parole stesse (come nel caso del titolo di questo capitoletto). Ecco una lista di queste parole: Sesso Potere Salute Denaro Felicità Divertimento Amore Vita e, dall’ altra parte, Sangue Pericolo Morte Odio Vendetta Paura.
Come esperimento proponiamo al lettore di fare attenzione, d’ora in avanti, a quanto spesso queste parole (o simili) vengano inserite nei messaggi nei quali siamo immersi.
La legge del gregge
La maggioranza delle persone, in condizioni di incertezza, fa ciò che fa la maggioranza delle altre persone. Sotto il tiro del fuoco nemico i soldati, invece che sparpagliarsi come sarebbe più utile, tendono a stringersi gli uni agli altri. Questo istinto atavico non viene meno né quando si tratta di testimoniare a un processo (se nove testimoni prima di noi hanno detto di avere visto rosso, noi, pur avendo visto verde, diremo di avere visto rosso), né quando si tratta di scegliere a chi dare il nostro voto (chi è segnalato come il probabile vincitore si accaparra i voti degli indecisi, e lo sfidante perde altri voti da altri indecisi che pensano «tanto, ormai il nostro ha già perso»), né quando dobbiamo comperare un prodotto (se è «scelto dalla maggioranza», un motivo ci sarà!).
Ecco che un «lo dicono tutti» (e varianti) aiuta sempre.
Una variante poco conosciuta ma altrettanto efficace utilizza in un altro modo i grandi numeri: se una cosa viene detta con molte parole (e/o con molti dettagli) allora è vera. Conviene, quindi, che le fonti che dicono ciò che vogliamo sia creduto siano molte; che ripetano spesso il messaggio; che siano logorroiche nel proporlo; che forniscano molti particolari.
Quando si tratta di persuadere, spesso la quantità fa la qualità.
Da che pulpito viene, la predica? Studi recenti dimostrano che le persone sono più disposte a credere a notizie che cominciano con la frase: Studi recenti dimostrano che.
Un esperimento condotto alla NASA conferma tale tendenza, dimostrando, in più, che maggiore è l’importanza attribuita alla fonte, maggiore è la disposizione a credervi, soprattutto se la fonte cita dati sperimentali ed è rinomata per le sue ricerche scientifiche (come per esempio la NASA).
Un giorno stavo seguendo un corso sullo scetticismo. L’insegnante spiegava che i ciarlatani si riferiscono ad autorità scientifiche per dare una patina di veridicità alle loro affermazioni; la comunicazione scientifica, invece, spiegò il docente, viene fatta in ambienti degni di fiducia, quali le università. Chiesi se non fosse anche questo un modo di riferirsi ad autorità, ma il docente cambiò discorso. La nostra propensione a credere alle figure dominanti è molto forte: lo dice persino Desmond Morris, il celebre antropologo.
Dovremmo ricordarcelo ogniqualvolta accettiamo una tesi solo perché chi ce la propone è un’autorità in materia o perché la tesi è corroborata da riferimenti ad autorità. Dovremmo cercare, in questi casi, di dubitare almeno un po’, quei pochi secondi necessari a chiederci se per caso, oltre alla versione « ufficiale », non ne esista qualcun’altra.
Mode
A proposito di acquiescenza all’autorità: come ogni altro periodo storico, anche quello che stiamo vivendo noi è all’insegna di qualche moda, dove per «moda» intendiamo gli orientamenti prevalenti del pensiero. Tali orientamenti sono a tal punto prevalenti che nessun individuo sano di mente penserebbe di contestarli. Oggi esistono valori apparentemente ben radicati nel nostro pensiero, che non oseremmo contestare: la tolleranza, il dialogo, il non-razzismo, il rispetto per le minoranze, il rispetto per la natura e così via. Stranamente, però, nessuno pensa che i nostri orientamenti rispetto a questi argomenti siano influenzati dal momento storico che ci è capitato in sorte di vivere: diamo per scontato che i nostri valori siano quelli giusti, che rappresentino l’ultima frontiera della civiltà, che negarli o correggerli sarebbe segno di malattia mentale o di intenti criminali.
Se ci soffermassimo a pensare su quanto dei nostri orientamenti è indotto dallo «spirito del tempo», rimarremmo sconcertati. Sappiamo che i valori appena citati erano condannati decisamente fino a pochi decenni orsono; ma, mentre condanniamo inorriditi l’integralismo, non ci rendiamo conto che nella nostra condanna siamo altrettanto integralisti. Allo stesso modo, l’idea che in una società moderna non ci debbano essere dogmi, è un dogma.
Oppure: la tolleranza verso le altre culture è un concetto che andiamo diffondendo nel mondo perché riteniamo che sia un valore superiore a quello posseduto da quelle popolazioni che ne ignorano la bellezza! Non siamo quasi mai consapevoli di questo paradosso, perché siamo compenetrati dalle idee dominanti a tal punto che esse sono parte di noi.
Tutto ciò ha una ricaduta pratica: se vogliamo persuadere qualcuno, conviene pescare nell’arsenale delle mode dominanti. Così facendo, avremo facile gioco nel sollecitare risposte automatiche e acquiescenti ai nostri desideri. Certo, affermazioni come questa non sono politically correct…
Io, ossia Dio Henri Mounier ha coniato questa simpatica espressione: Questa è la mia opinione, e io la condivido Essa esprime una realtà psicologica molto profonda: i vari contenuti della nostra mente si sostengono a vicenda; nell’inserire un’idea nella mente di qualcuno quindi, si avrà successo se l’idea sarà compatibile con le altre già presenti in quella mente. Ne discende che il modo più facile per fare accettare un’idea è far sì che essa confermi quello che il nostro interlocutore già pensa. Tutto ciò che conferma la nostra esperienza è facilissimo da accettare, mentre tendiamo a rifiutare tutto ciò che la contrasta.
Perciò, d’ora in avanti, conviene fare attenzione a quanti si presentano condividendo apertamente le vostre idee: se qualcuno vuol farvele cambiare, è probabile che inizi con il dire che è perfettamente d’accordo con voi.
Inoltre, per quanto impossibile possa sembrare, tutti noi siamo costantemente alla ricerca di qualsiasi cosa confermi quanto già sappiamo. Non siamo mai sazi di conferme su ciò che ci è familiare: una volta che abbiamo costruito dentro di noi un’opinione, un’immagine della realtà o una teoria, tutto ciò che la contrasta ci crea fastidio e tentiamo di allontanarlo, mentre tutto ciò che conferma la nostra personale immagine del mondo tende a essere pacificamente accettato.
Lo specchio di Narciso
Tutte le truffe più geniali, tutte le campagne elettorali, tutte le campagne di vendita hanno in comune un ingrediente: l’adulazione della vittima, che viene sedotta dall’illusione che il persuasore abbia un’elevata stima della persona che sta incantando.
So che siete intelligenti, quindi capirete questo concetto; so che siete anche scaltri e disincantati, e quindi non serviva esporvelo: ma una volta in più non fa male, inoltre la vostra incolumità e felicità mi stanno molto a cuore. Credetemi.
La pentola d’oro e la bacchetta magica Che cosa ha spinto Pinocchio a credere che avrebbe ritrovato, moltiplicati, i suoi zecchini d’oro sotto l’albero? L’avidità, certamente, ma anche e soprattutto il bisogno di credere che esistano soluzioni prodigiose, magiche, per i nostri problemi. Sotto sotto questo desiderio cova sempre nella nostra mente e nel nostro cuore. Trapela ogni volta che ci viene proposta la «ricetta facile»: per fare soldi, per guarire, per risolvere i problemi di qualsiasi tipo.
Abbiamo un bisogno così profondo di credere nella magia che chiunque può approfittarsene: basta che ci offra l’illusione, e noi le correremo incontro, ben felici di abbracciarla. Se useremo quella lozione, i capelli ricresceranno, le rughe (la cellulite, la pancia) scompariranno. Se acquisteremo quelle azioni, il loro valore schizzerà alle stelle in pochissimo tempo. Se apriremo quella e-mail, riceveremo un milione e mezzo di dollari. Ma anche: se voteremo quel candidato, manterrà le promesse (e quindi: avremo menotasse, avremo più sicurezza, avremo meno disoccupazione); se andremo da quel luminare guariremo sicuramente; se sposeremo quella causa, la nostra vita migliorerà.
Non c’è nulla di più difficile da abbandonare che i sogni. Poco importa che l’unico, vero sistema per realizzarli sia svegliarsi.
Ancora per pochi giorni…
Una delle esche più potenti è la scarsità (reale, minacciata o temuta) di qualche bene (materiale, virtuale o di qualsiasi altra specie). Quando i commercianti vogliono aumentare le vendite del loro prodotto (cioè sempre) non fanno altro che annunciare l’imminente esaurimento delle scorte. La gente si precipita a comperarlo anche se fino a un attimo prima non avrebbe pensato minimamente di volere tale oggetto.
Semplicemente, l’idea che possiamo farci soffiare sotto il naso qualcosa che sta scarseggiando ci è intollerabile.
Il trucco funziona ancora meglio se il consumatore può vedere che la cosa sta diminuendo in quel preciso istante sotto i suoi occhi.
Una variante di questo istinto all’approvvigionamento di materie che scarseggiano è il nostro desiderio smodato di appartenere a un’élite.
Un gruppo ristretto alletta sempre la nostra smania di impossessarci del bene raro, in questo caso l’accesso a quel gruppo. Fondate quindi un club (o aprite un locale), diffondete la voce chel’accesso è quasi impossibile e in breve tempo molte persone verranno a bussare alla vostra porta chiedendovi di entrare nel vostro territorio esclusivo.
Una variante: stabilite un prezzo molto alto per le vostre prestazioni; questo le renderà accessibili senza sforzo solo a pochi privilegiati; gli altri, automaticamente, si sforzeranno di ottenere udienza presso di voi.
Ancora: se volete essere supplicati di dire qualcosa, premettete ai vostri discorsi un: «Non posso dire di più» o qualcosa di simile; se volete che vi ascoltino come si ascolta un oracolo, parlate il meno possibile, e siate sempre sfuggenti; se volete che le vostre parole siano preziose, rendetele rare.
Cancellare
Cancellare i ricordi è piuttosto facile. La cosa migliore sarebbe impedire che l’informazione raggiunga la persona; per farlo si possono usare varie tecniche, tra le quali affermare il falso nascondendo il vero: Il nostro partito ha riportato lusinghieri risultati; ignorare le notizie pericolose: Il nostro partito ha conosciuto una lieve flessione [ma non si dice che quello avversario ha stravinto]; spostare l’attenzione altrove: Il nostro leader è in visita al principato di Flatlandia.
Nel caso non sia possibile operare in questo modo, si può intervenire, a buoi scappati, cercando ancora di distrarre l’attenzione.
Se il ricordo si è già fissato, basta ignorare la faccenda e comportarci come se fosse ogni volta la prima volta che si sente la notizia: Ah, davvero? Me lo sta dicendo lei! Un po’ alla volta, insistendo con questa tecnica, si costruirà il ricordo (inconscio) del fatto che la tale informazione non viene ricordata, e che quindi non conviene ricordarla. Sempre meglio che niente.