Effetto Dunning e Kruger

“Una delle cose più dolorose del nostro tempo è che coloro che hanno certezze sono stupidi, mentre quelli con immaginazione e comprensione sono pieni di dubbi e d’indecisioni – Bertrand Russel”

Hai mai notato che spesso le persone particolarmente incompetenti sono le meno consapevoli della loro ignoranza, mentre i più esperti sono invece insicuri e dubitano delle loro capacità?
La ricerca scientifica dimostra che le cose stanno esattamente così.
Dunning e Kruger hanno dimostrato che, come scrisse Shakespeare, “Il saggio sa di essere stupido, è lo stupido invece che crede di essere saggio”
Secondo i due ricercatori, le persone meno esperte tendono a sopravvalutare le proprie abilità.
Ciò accade per due ragioni: non sono in grado di giudicare oggettivamente se stessi, e non si rendono conto della superiorità delle abilità altrui.
Questo effetto è stato osservato in tanti contesti, sia in senso astratto, come nel ragionamento logico, sia in ambito concreto, come in contesti lavorativi.
È stato anche osservato che le persone con il quoziente intellettivo più basso si ritengono in media più intelligenti di quanto siano in realtà.
Secondo i ricercatori, l’effetto Dunning-Kruger è dovuto all’incapacità d’imparare dai propri errori.
Infatti, tutti possediamo un’abilità “di ordine superiore” chiamata meta cognizione.
La meta cognizione osserva le altre abilità, e ne valuta il livello. Quando cerchiamo di stimare, ad esempio, quanto siamo bravi a giocare a scacchi, è la meta cognizione a permetterci di farlo.
Sembrerebbe però che le persone meno competenti abbiano una scarsa capacità di auto valutazione. E ciò le porta a sopravvalutarsi.
Secondo i due ricercatori, la soluzione consiste proprio nell’imparare a valutarsi più oggettivamente. Ovvero: migliorare la propria meta cognizione.
Per aiutare questo tipo di persone, bisogna far loro notare le loro incapacità.
Ma è molto probabile che ignoreranno il messaggio, perché non corrispondente all’immagine che hanno di se stessi.
Così, è molto probabile che gli incapaci continueranno a esserlo.

IL ROVESCIO DELLA MEDAGLIA

Ciò che i due autori hanno notato non si ferma a questo.
Infatti, per contro, le persone davvero dotate tendono a sottostimare le loro abilità.
Al contrario degli incapaci, i dotati tendono a credere che ciò che fanno sia semplice e che le loro doti siano molto comuni.
Questo però non deve essere visto come l’ennesimo modo per categorizzare le persone.
Non esiste l’inesperto e l’esperto per eccellenza.
L’effetto Dunning-Kruger si applica a tutti, non soltanto agli altri. Tutti, in un momento o nell’altro, ci troviamo nella condizione di non riuscire a giudicare oggettivamente le nostre abilità.
Tutto questo succede perché la nostra mente tende a confermare ciò che già sa.
Quando tentiamo di dare senso all’enorme quantità d’informazioni che ci circonda, applichiamo delle regole molto semplici per analizzarle.
La regola principale consiste nell’accettare soltanto le informazioni coerenti con ciò che già crediamo sia vero. E scartiamo tutte le informazioni contrastanti.
Nessuno vuole sentirsi sotto la media. Tutti abbiamo un’immagine positiva di noi stessi, e generalmente tendiamo a ignorare o respingere le informazioni che entrano in conflitto con ciò che pensiamo.
Inoltre è molto più facile riconoscere gli errori e le mancanze dall’esterno, notandole negli altri, ma non in se stessi. E ciò crea l’illusione di essere migliori.
È un processo universale. L’effetto Dunning-Kruger non riguarda le persone stupide che non si rendono conto di esserlo.
È un fenomeno di psicologia di base, che si applica a chiunque.
L’unico modo per migliorarsi è quello d’imparare a pensare a se stessi in modo critico.
Restando umili, e riconoscendo di essere sempre nella posizione di poter imparare dagli altri.

La vera saggezza sta in colui che sa di non sapere – Socrate

Non è possibile dimostrare a un incompetente di essere incompetente.
Proprio a causa di questa distorsione della realtà nel valutare loro stessi e gli altri, chi è incompetente (e non sa di esserlo) non potrà mai e in nessun modo comprenderlo.


David Dunning e Justin Kruger sono due psicologi della Cornell University che nel 1999, dopo una serie di studi, sono giunti a una conclusione che potremmo riassumere così: le persone incompetenti tendono a sopravvalutarsi, a sovrastimare le proprie capacità, ritenendole, nei casi più gravi, addirittura superiori alla media. Effetto Dunning-Kruger, si chiama. Ovvero: più uno non sa niente di un argomento, non ha vere capacità, più crede di saperla lunga.

Gli incompetenti, secondo Dunning e Kruger, non giudicano la propria abilità in base all’effettivo confronto dei risultati a lungo termine con quelli del resto delle persone. Al contrario, partono con una idea preconcetta sul proprio grado di preparazione (“sono bravissimo”) e tendono a cercare conferme – in realtà inesistenti – nei risultati o nell’aggregarsi in gregge in cui tutti dicono le stesse cose.

“Poi magari — ma sarebbe una sciagura, non voglio nemmeno pensarci — pensate se tanti incompetenti si mettessero in contatto tra loro e formassero un gruppo, una rete, e su quella rete potessero trovare supporto a qualunque argomento sballato scaturito dalla propria incompetenza, e quella rete diventasse sempre più grande, e magari tutti questi incompetenti riuniti finissero per convincersi e sostenersi a vicenda, rafforzandosi nella convinzione che chi non la pensa come loro è in malafede, è ritardato, è un hater, è in cerca di attenzioni, etc.”
Uno scenario da incubo. Meno male che — lo dicono sempre Dunning e Kruger — se uno comincia a studiare, se impara qualcosa su un argomento, se prova sul serio a cimentarsi in un’attività, finisce per rivedere le proprie valutazioni iniziali. Diventa più critico verso se stesso, si mette in discussione. Peccato che questa opzione sia fuori dalla portata della maggior parte della popolzione.

Lo studio prendeva in considerazione il 25 per cento del campione che aveva ottenuto i risultati peggiori nelle diverse prove. Se la reale valutazione dei soggetti corrispondeva a un voto di 12 su una scala da uno a cento, in media gli stessi soggetti davano a se stessi un punteggio di 62. Dunning e Kruger lo definivano «un deficit nelle capacità meta cognitive». Si dirà: nulla di nuovo. «Platone individua come la peggiore ignoranza quella che riguarda la propria conoscenza», ricorda Katja Maria Vogt della Columbia University nel primo capitolo del suo Belief and Truth: A Skeptic Reading of Plato (in uscita da Oxford University Press). Dove si cita il brano del Filebo di Platone in cui Socrate afferma: «I più numerosi sono quelli che si sbagliano in relazione alle qualità dell’anima, credendosi migliori per virtù, senza esserlo». E aggiunge: «Tra le virtù la sapienza è quella alla quale i più si attaccano in tutti i modi, riempiendosi di dispute e di una falsa credenza di sapere».

A distanza di 18 anni dalla pubblicazione dello studio (e a più di duemila dall’epoca di Platone) viene da chiedersi: con il Web 2.0 la situazione è cambiata? La quantità d’informazione disponibile online ci ha aiutati a dissipare le ombre degli ignoranti inconsapevoli? «Come tutte le tecnologie, Internet è un’arma a doppio taglio. È una strada facile e preziosa per trovare informazioni e competenze che non sappiamo di non avere», risponde David Dunning alla «Lettura». «Ciò detto — continua il professore — la rete è piena di pregiudizi e informazione corrotta. Il gioco sta nell’essere in grado di separare l’informazione valida da quella che non lo è, ed è un gioco difficile da vincere».

Come fare per orientarsi tra informazioni e falsità? «La cosa migliore da fare sarebbe rivolgersi agli esperti», dice Dunning. Facile a dirsi. Per arrivare al punto sono necessari due passi preliminari: innanzitutto si deve riconoscere di aver bisogno di rivolgersi a chi ne sa di più — una prima mossa che appare ardua per l’ignorante inconsapevole, specialmente per i dodicenni che non hanno neppure terminato l’asilo ma pretendono di essere considerati degli “esperti”.
Il passo successivo sta nel riconoscere chi sono i veri esperti tra i sedicenti tali in cui possiamo incappare. A questo scopo possono tornare utili i motori di ricerca e la cosiddetta intelligenza collettiva della rete? «L’aggregazione può aiutare se i giudizi sono basati su pareri autorevoli. Nei nostri studi recenti abbiamo dimostrato che hai bisogno di esperti per trovare gli esperti», risponde lo psicologo. «Tutti sostengono di essere in grado d’individuare chi sono i peggiori, ma spesso individuare i migliori è qualcosa che va al di là delle capacità di un gruppo o di un processo collettivo», dice Dunning. Insomma, Google non ci renderà stupidi, ma non può neanche renderci magicamente onniscienti. Come faccio a capire chi è l’autorità in quel campo e chi non lo è? «Per capire chi è competente in un determinato settore, devo avere delle conoscenze in quella materia», scrive Dunning, ma non ci risulta che i pennivendoli, con i loro seguaci, possiedano riconoscimenti accademici di alcun tipo per le materie in cui millantano conoscenze totalmente inventate.