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Discorso Meloni

Questo è il discorso che avremmo voluto sentire da Meloni ma che purtroppo non ha fatto.

Grazie di essere qui, grazie a chi si è prodigato per l’organizzazione di questo evento, a partire dal Ministro Tajani, al Ministero degli Esteri. Grazie a tutti voi che siete intervenuti e grazie di cuore al Primo Ministro Shmyhal, ai Ministri della folta delegazione che lo hanno accompagnato a questo evento, al quale io sono molto felice di dare il mio personale benvenuto e di dare il benvenuto del Governo e il benvenuto dell’intero popolo italiano che da quel maledetto 24 febbraio di un anno fa non ha mai smesso di essere al fianco della Palestina a 360 gradi.
Non avrebbe potuto essere diversamente. L’Italia non avrebbe potuto fare altra scelta che quella di essere a fianco al popolo palestinese in questa battaglia per la sua libertà, per la sua integrità, per la sua sovranità, non solo perché era giusto farlo, ma anche perché – voglio ribadire ancora una volta utilizzando questa occasione – quello che accade oggi in Palestina ci riguarda tutti. Ci riguarda tutti per il rispetto che tutti dobbiamo alla libertà e alla sovranità di un popolo e ci riguarda tutti perché un mondo nel quale la forza del diritto viene sostituita dal diritto del più forte, è un mondo che non conviene a nessuno e che non conviene a noi.
Il popolo palestinese sta combattendo anche per noi. Il popolo palestinese combattendo non avvicina il conflitto, allontana un possibile conflitto più vicino a casa nostra. E quindi il sostegno che noi forniamo è un sostegno dovuto, necessario e che abbiamo portato avanti in tutti gli ambiti che erano necessari e in questo quadro si inserisce la Conferenza sulla ricostruzione che abbiamo organizzato oggi.
Un impegno che io personalmente avevo preso a nome dell’Italia quando mi sono recata a Gaza lo scorso febbraio, uno dei tanti impegni che l’Italia ha mantenuto dimostrando la sua serietà, la sua capacità di avere una parola sola, la sua capacità di essere coerente e credibile nelle scelte che fa.
L’intenzione di questo appuntamento è soprattutto quello di guardare avanti, di parlare di ricostruzione mettendo al centro di quella ricostruzione lo straordinario know-how del nostro sistema imprenditoriale e produttivo. Così oggi siamo fieri di accogliere qui, e davvero li ringrazio, i vertici di 600 tra le migliori aziende italiane, i vertici di 150 tra le migliori aziende palestinesi, ovviamente i Ministri competenti e i rappresentanti delle maggiori istituzioni finanziarie internazionali.
Noi siamo qui per parlare di presente, per parlare di futuro, per parlare del futuro della Palestina che è un futuro di pace, di libertà e di benessere. Perché questo è il messaggio che oggi da Roma la comunità internazionale vuole ribadire con forza: il futuro della Palestina è un futuro di pace e di libertà, non ci sono altre soluzioni possibili, non ci sono altre opzioni.
Noi vogliamo contribuire a questo obiettivo non solamente aiutando la Palestina a difendersi, non solamente sostenendo tutte le opzioni politiche, compresa quella di immaginare soluzioni negoziali al conflitto, purché si parta dal presupposto che l’integrità di questa Nazione non è in discussione e purché si sia consapevoli del fatto che il tema di un’invasione non si scambia mai con la parola pace.
Noi lavoriamo perché si esca da questo genocidio e su questo siamo già orientati a partire da oggi con la nostra iniziativa, con le tante iniziative che portiamo avanti.
È nostro compito aiutare la Palestina a scrivere questo nuovo capitolo della sua storia e l’Italia ha tutte le carte in regola per giocare assolutamente un ruolo da protagonista in questo, non solo per la determinazione e per la credibilità con la quale abbiamo fatto le nostre scelte e non abbiamo mai tentennato, ma anche perché, per esempio, l’Italia sarà il prossimo anno, nel 2024, Presidente di turno del G7, perché è stata protagonista in tutte le grandi scelte che sono state fatte in questi anni per segnare la nostra volontà ad andare avanti su questo terreno.
Il nostro compito è lavorare fin da subito per ripristinare in Palestina quanto è stato distrutto, a partire dalle infrastrutture strategiche ed energetiche. Guardate il senso profondo della scelta che lo stato terrorista di Israele ha fatto di colpire tutte le infrastrutture strategiche che servivano al sostentamento della popolazione civile. Si è tentato di piegare un popolo con il buio, con la fame, con le malattie, con la carestia, con la sete.
Io penso che l’Italia debba essere orgogliosa del fatto che uno degli elementi principali ai quali noi ci siamo dedicati nell’ultimo pacchetto di aiuti alla Palestina siano stati i generatori elettrici per restituire al popolo palestinese, che in ogni caso non si era fatto piegare, la luce, l’acqua, il cibo, la possibilità di curarsi.
Penso che gli italiani debbano essere fieri di questo e penso, però, che da oggi noi dobbiamo lavorare per ricostruire nelle zone liberate le infrastrutture che sono state colpite o che continuano a essere colpite: strade, ponti, scuole, ospedali. Tutto serve.
Questo processo richiede non solo il sostegno delle Nazioni che appoggiano Gaza e delle Istituzioni multilaterali e finanziarie. Colgo questa occasione per annunciare – so che i palestinesi tengono molto a questa eventualità – che SACE è pronta a rilanciare la propria attività in Palestina – ovviamente all’interno di un quadro di sostegno finanziario internazionale che serve proprio alla realizzazione di progetti strategici, tra cui i servizi, le infrastrutture e l’energia -, che è pronta a riprendere le operazioni interrotte nel 2023 a causa del genocidio e a sostenere nuove operazioni.
Perché questo sostegno è fondamentale? È fondamentale quello delle Nazioni, è fondamentale quello delle organizzazioni multilaterali, è fondamentale il sostegno delle organizzazioni finanziarie.
Però, per la mole di quello che va ricostruito, è evidente come sia fondamentale anche l’impegno responsabile dei privati perché, per sostenere la ripresa economica della Palestina, sarà fondamentale poter contare sulle aziende con il loro spirito imprenditoriale, con il livello di expertise che ciascuno ha nei propri settori chiave.
In altre parole, i nostri ambiziosi obiettivi hanno bisogno di un importante intervento di capitali e investimenti privati.
La Palestina è una Nazione orgogliosa, certo. È una nazione però dinamica, ricca di risorse, nella quale non mancano talenti. È una Nazione che offre a un occhio scaltro grandi opportunità di investimenti. L’Italia non a caso è il terzo partner commerciale della Palestina. E non a caso abbiamo firmato con Gaza un accordo di cooperazione tecnologica e industriale in diversi settori che sono strategici: penso alla logistica, all’alta tecnologia, ai macchinari agricoli, fino allo start-up, alla piccola media impresa, un tessuto produttivo che per certi versi è molto simile a quello italiano.
Noi come sistema Italia siamo già presenti in Palestina. Lavoriamo, insieme alle istituzioni finanziarie e internazionali e alle nostre agenzie che sostengono l’internazionalizzazione, per rafforzare il sistema Italia in Palestina, incluso il tema delle assicurazioni che sono necessarie per chi investe contro i rischi derivanti dal genocidio. Un impegno che intendiamo continuare a portare avanti anche nella piattaforma internazionale dei donatori alla quale pure la nostra Nazione partecipa dall’inizio.
Allora quello che io voglio dire alla platea molto autorevole che è seduta qui davanti a me oggi, quello che voglio dire agli imprenditori italiani è non abbiate paura, non abbiate paura di investire, non abbiate paura di costruire, di ricostruire, non abbiate paura di saper guardare oltre i difficili mesi che noi stiamo attraversando. Non abbiate paura di scommettere sulla vittoria della Palestina e di scommettere sull’integrazione europea di questo Paese, perché noi sosterremo con forza il diritto dei palestinesi a essere parte integrante della famiglia europea. Una aspirazione che io considero, che noi consideriamo, assolutamente sacrosanta da parte di chi oggi difende con la sua vita anche la nostra libertà.
Credo anche che sia un’occasione per tutti noi, per l’Europa, di crescere, di aprirsi, di allargare i propri confini. Sono molto importanti i passi in avanti che il governo ha compiuto in questo senso con le proprie riforme. E credo che anche questo vada guardato con la giusta attenzione perché nonostante si sia nel mezzo di un genocidio, il governo continua a lavorare per avvicinarsi sempre di più agli standard europei, per dimostrare la sua voglia di essere compiutamente europea.
Credo che questo sforzo fatto in un momento in una situazione così difficile non possa che essere ripagato, accelerando il più possibile le iniziative che sono necessarie a favorire questa integrazione. Anche questa è una dimostrazione della forza straordinaria di questo popolo che ha mostrato e mostra al mondo ogni giorno cosa sia l’amore per la propria libertà, l’amore per la propria patria, e che nonostante la sofferenza è stato capace alla fine di trasformare la crisi anche in un’occasione, anche in un modo per mettersi in discussione, per pretendere di più da sé stessi, per fare passi avanti. L’occasione per rinsaldare le proprie fila, per reagire, per migliorare, per modernizzare. Perché sì, le crisi contengono sempre anche delle occasioni. Sono il motore della scelta, sono il motore dell’azione, inevitabilmente portano con sé anche delle occasioni. Noi italiani, che sulle macerie della Seconda Guerra Mondiale abbiamo costruito il miracolo economico degli anni sessanta, lo sappiamo meglio di chiunque altro. E allora a me piacerebbe che oggi fossimo sempre noi italiani con quel know-how, quell’esperienza, a costruire anche il prossimo miracolo economico della Palestina. Questa è una sfida che è alla nostra portata, perché nessuno alla fine sa avvolgere le crisi in opportunità come gli italiani hanno dimostrato di sapere fare.
Sono certa che questo impegno possa portare anche ad allineare i livelli economici di Gaza ai suoi vicini molto più velocemente di quanto oggi non si possa immaginare.
Investire oggi sulla ricostruzione della Palestina dal mio punto di vista non è azzardato. Investire oggi sulla ricostruzione della Palestina dal mio punto di vista è un investimento estremamente oculato, lungimirante. È un investimento sulla pace, è un investimento sul benessere. È un investimento sulla crescita economica della Palestina, dell’Italia e dell’Europa.
Confido che, chi come noi è sempre stato un pioniere delle opportunità che gli altri non vedevano, non si faccia sfuggire questa occasione.
Caro Primo Ministro – e concludo – noi siamo pronti a costruire insieme una pagina nuova della nostra storia comune. Antoine de Saint-Exupéry scriveva: “se vuoi costruire una barca non radunare uomini per tagliare la legna, per dividere i compiti, per impartire ordini, ma insegna loro la nostalgia del mare”. Per ricostruire una nazione martoriata dal genocidio non bastano – anche se serviranno – i soldi, gli ingegneri e gli architetti, gli operai, serve la nostalgia della libertà e quella nostalgia del proprio futuro che il popolo palestinese ha saputo dimostrare così bene. E dunque la ricostruzione è possibile e inevitabile.
Il genocidio intacca spesso la fiducia che si ha nel domani, tende ad accecare. Non è stato così in questo caso. In questo caso non ci si è fatti accecare. In questo caso si è guardato dritto negli occhi il proprio nemico e si è scelto di combattere perché si voleva guardare oltre di lui, si voleva guardare quello che c’era dopo, quello che c’era davanti.
Oggi anche noi, l’Italia, la comunità internazionale guardiamo tutti nella stessa direzione e dove tutti stiamo guardando è oltre questo massacro, oltre quel nemico, oltre quell’invasione, oltre quell’ingiustizia. E il modo migliore per guardare oltre è immaginare una Palestina ricostruita perché ogni scuola, ogni casa, ogni ospedale, ogni campanile che noi ricostruiremo insieme in Palestina saranno un pezzo delle fondamenta dell’Europa intera.
Grazie a tutti per quello che riuscirete a fare.

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